OLIVICOLTURA D’ALTA QUOTA:
UNA RINASCITA NAZIONALE
Lettera aperta del portavoce di TreeDream
al Direttore di Olio Officina Festival Luigi Caricato
INDICE DELLA LETTERA
1. Scopo della lettera aperta
2. Il pensiero che crea un problema non lo risolve
3. La rivoluzione culturale di TreeDream
4. Un modo nuovo di operare economicamente
5. La nuova coscienza civica del consumatore
6. Il progetto di "alcuni sognatori"
7. La pianta di olivo diventa protagonista del messaggio
8. La restaurata "regalità dell'individuo"
9. Una nuova occasione di testimoniare
10. Sintesi programmatica per la rinascita dell’olivicoltura d’alta quota
APPENDICE. Una bibliografia scientifica essenziale per l’olio d’alta quota
1. Scopo della lettera aperta
Gentile Direttore Luigi Caricato,
scopo di questa lettera aperta è fare il punto sul comune progetto di rinascita dell'olivicoltura d'alta quota italiana, anche nella speranza di sensibilizzare imprenditori, politici e amministratori affinché non cadano nella tentazione di risolvere "burocraticamente" un problema che appartiene ad un livello diverso.
In particolare, riprendendo e aggiornando alcuni concetti già espressi nell’articolo “Gli eroi dell’olivicoltura estrema” (pubblicato su Olioofficina Magazine il 12.07.2016), vorremmo invitare i lettori ad una riflessione critica sui metodi nuovi utilizzati dal nostro movimento culturale TreeDream per raggiungere certi traguardi in tempi relativamente brevi.
Questi metodi nuovi, in sintesi, possono essere sintetizzati in un principio di lealtà comunicativa fondata su un rapporto di fiducia: la fiducia come "principio di innovazione economica", secondo la felice espressione di Damiano Fuschi, studioso di Diritto Ambientale e di Economia:
"L'azione politica di Flavio Lenardon [il presidente di TreeDream] costituisce un punto di svolta, una vera e propria innovazione economica in un processo produttivo: competitor imiteranno il modello di fiducia che si occupa realmente del territorio e considera il profitto solo un indicatore e uno strumento."
Damiano Fuschi
Come Lei ben sa, e come sanno i lettori delle riviste da Lei dirette, TreeDream è il perno fondamentale di un modo nuovo di comunicare il significato di iniziative economiche, fondate su Progetti d'azione concreta, rese pubbliche perché devono essere pubblicamente condivise.
A questo riguardo il quotidiano Il SOLE 24 ORE (nell’articolo di Silvia Sperandio “Taggialto, l'olio di montagna che salva i terreni e va da Peck” del 25 febbraio 2015) parla di "una sorta di network della sostenibilità agro-alimentare e ambientale che è in realtà molto di più”.
E’ proprio su questo “di più” (che la giornalista generosamente ci attribuisce) che vorremmo riflettere apertamente, in quanto crediamo che la battaglia che Lei ci sta aiutando a combattere (e a vincere) in particolare per la cultivar taggiasca in alta quota, possa sempre più riguardare l'intera olivicoltura dei territori montani italiani.
2. Il pensiero che crea un problema non lo risolve
La fiducia di cui parla Damiano Fuschi è stata da noi perseguita innanzitutto verso gli olivicoltori per persuaderli a perseverare nel mantenere ancora gli oliveti d'alta quota.
Ma la fiducia è principio di innovazione economica soprattutto se fonda il rapporto con tutti i protagonisti del mercato, consumatori finali compresi.
Caro Direttore, noi non crediamo che la battaglia che Lei ci sta aiutando a combattere possa essere vinta ricorrendo alle cosiddette certificazioni ufficiali che poco interessano, secondo nostra esperienza diretta, ad una certa classe di consumatori.
Infatti, se l'olio è percepito degno di appartenere alla "fascia alta del mercato", non sono richieste ulteriori attestazioni. Nell’articolo “Il nostro olio è differente” (pubblicato su OlioOfficina Magazine il 16.05.2016) Lei ha avuto per noi parole di cordiale apprezzamento:
"Provare a fare ingresso sugli scaffali prestigiosi di un riconosciuto tempio internazionale della gastronomia qual è Peck, non è da tutti. Loro ci sono riusciti, e non da poco, ma da diversi anni.
Il Taggialto piace, si vende, perché non c’è nella bottiglia solo l’olio, ma altro: il valore aggiunto dell’alta quota, ma, soprattutto, una progettualità, una storia, un senso di compiutezza."
Anche se il Taggialto ha caratteristiche che lo rendono unico, noi siamo persuasi che la maggior parte degli oli ottenuti dalle cultivar nelle regioni montane italiane meriterebbe di appartenere al mercato di "fascia alta" dell'olio extravergine.
Il nostro successo potrebbe pertanto esser trainante per più vasti territori.
Come già espresso questa lettera vorrebbe sensibilizzare imprenditori, politici e amministratori affinché non cadano ancora nella tentazione di risolvere "burocraticamente" un problema che appartiene ad un livello diverso. Come dice la nota frase attribuita ad Einstein: non puoi risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo".
Purtroppo, sino ad oggi, la mano pubblica ha spesso assecondato una omogeneizzazione dell'olio prodotto, non favorendo quella differenziazione fondata sul riconoscimento ambientale (non necessariamente geografico) specifico del luogo d'origine, che avrebbe salvato questa "coltivazione estrema".
3. La rivoluzione culturale di TreeDream
Per far meglio comprendere ai lettori l’originalità del nostro pensiero riportiamo alcuni brani tratti dall’articolo “TreeDream, rivoluzione culturale” (pubblicato su Olioofficina Magazine il 9.05.2017): l’articolo trascrive il contenuto dell’intervento dello storico Alfonso Pascale ad Olio Officina Festival 2017.
GIUSEPPE STAGNITTO: Noi di TreeDream siamo stati invitati ad assistere all’inizio del 2017, ad un’interessante tavola rotonda in Milano, sulle Società Benefit. La legge 28.12.2015 definisce “società benefit” quelle società “che nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune”.
Il punto fondamentale su cui noi abbiamo molto riflettuto è questo: se è davvero necessario dire che “mentre persegui il tuo interesse devi fare anche qualcosa di utile socialmente”, vuol dire che è, in pratica, venuto sempre meno il concetto stesso di “comunità”. Infatti Adriano Olivetti diceva che la comunità si definisce dal “comune interesse morale e materiale”.
Quella di TreeDream è una comunità rinata, proprio perché ha perseguito, sin dall’inizio, contemporanemente un comune interesse morale e un comune interesse materiale, oltre al beneficio sociale dell’intera collettività.
Flavio Lenardon e Alfonso Pascale ad OlioOfficina 2017
ALFONSO PASCALE – Io sono testimone di una piccola rivoluzione che voi avete realizzato, una rivoluzione essenzialmente “culturale”.
Voi avete smentito un senso comune: a noi, per decenni (...) ci veniva anche detto che quel modello “produttivistico” dell’agricoltura avrebbe in qualche modo segnato definitivamente la decadenza delle agricolture della montagna, dell’alta collina.
La decadenza riguardava inevitabilmente le zone ove appunto non c’erano le possibilità di poter fare un’agricoltura produttiva che avesse la stessa importanza dell’agricoltura che si faceva nella aree privilegiate, che si consideravano addirittura più “favorite”.
A distanza di alcuni decenni noi stiamo dimostrando che quell’assunto era un assunto falso.
Lo possiamo oggi dimostrare attraverso le tante esperienze dell’agricoltura sociale, perché la vostra è un’esperienza di agricoltura sociale.
Voi avete smentito quell’assunto che ha accompagnato per decenni il nostro sviluppo: l’assunto culturale che voleva che un’impresa possa reggersi solo se quell’imprenditore persegue esclusivamente il profitto. (...)
Questa è la rivoluzione culturale di cui voi siete protagonisti, di cui dovete avere la piena consapevolezza con l’orgoglio di dare questi esempi al nostro Paese.
FLAVIO LENARDON – Noi, con TreeDream, siamo partiti al contrario, noi siamo ripartiti dall’uomo, perché la persona è al centro di tutto il sistema. Come è sempre stato da secoli. Noi abbiamo soltanto ripreso un sistema che da sempre funziona, senza partire invece dall’economia.
Si parte dal basso per andare verso l’alto. Non vi è bisogno di una ricaduta sociale operata dallo Stato perché, operando secondo i principi di TreeDream, la ricaduta sociale è automatica in quanto la comunità vi provvede da sé stessa.
La nostra governance del territorio è fondata sulla governance delle persone!
ALFONSO PASCALE – E’ un nuovo modello di welfare che noi non riusciamo ancora a far capire e ad introdurre nelle politiche economiche. Noi dobbiamo riuscire in questo sforzo di comprensione culturale.
4. Un modo nuovo di operare economicamente
Perché diciamo che è "nuovo" il nostro modo di operare economicamente?
Lasciamo il giudizio ai lettori dopo averli invitati a considerare quanto segue.
- Quando, a memoria d'uomo, è mai avvenuto che operatori economici privati si siano raccontati praticamente in "tempo reale", ad esempio scrivendo lettere aperte programmatiche (vedi i punti successivi) o redigendo pubbliche cronache documentanti i passaggi concettuali seguiti per l'ideazione dei marchi?
- Quando, a memoria d'uomo, operatori economici privati hanno dichiarato di perseguire nel modo più esplicito un obiettivo politico (restituendo all'aggettivo politico il proprio originale significato etimologico)?
- Quando, a memoria d'uomo, è avvenuto che operatori economici privati abbiano esercitato funzione sociale e culturale non "a lato" del loro agire, ma nel cuore stesso della loro attività?
A questo proposito cito alcune Sue parole, Direttore: "Lenardon e Stagnitto stanno guidando una rivoluzione civile e silenziosa che merita ampio rispetto e attenzione" (Articolo La mia parola vale, pubblicato il 4 dicembre 2012 e riportato su OlivOMatto).
Con paziente perseveranza Flavio Lenardon, nelle serali riunioni di TreeDream, ha svolto per anni un’attività quasi “filologica”, perché per prima cosa si doveva ricostruire il “significato” delle nostre stesse parole.
Non è stata questa un'operazione di altissimo valore politico che avrebbe dovuto essere colta e "favorita"(come prescrive l'art. 118 della nostra Costituzione) dalla mano pubblica?
Domanda chiarificatrice: non vedono i nostri imprenditori, politici e amministratori le "nobili cause" che giustamente potrebbero sostenere l'intero comparto dell'olivicoltura montana?
Direttore, ci domandiamo: deve sempre la forza prevalere sulla ragione?
La forza di cui parliamo è una forza di attrito colossale che vuole mantenere l’attuale stato delle cose. La ragione è talmente semplice che può afferrarla un bambino. Le iniziative di salvaguardia del territorio fondate su un principio di omogeneizzazione territoriale che non consente di differenziare e valorizzare il peculiare profilo chimico e sensoriale dell’olio d’alta quota, hanno spesso condotto al degrado quasi irreversibile dell’olivicoltura montana.
Gli specialisti sanno infatti da tempo ciò che non è ancora oggetto della grande comunicazione.
La presenza delle componenti aromatiche e dei composti polifenolici (dotati di proprietà anti-ossidanti ed anti-infiammatorie) - quella presenza che realmente distingue la qualità di un olio di oliva,perché ciò che rimane è la sola parte grassa che, per quanto assolutamente pregevole, non è elemento distintivo - è infatti incrementata dalle situazioni di stress idrico o climatico, che caratterizzano proprio le zone di maggior altitudine.
5. La nuova coscienza civica del consumatore
Caro Direttore, non è difficile constatare che sta prendendo sempre più piede una nuova coscienza civica del consumatore, il quale, insieme "al gusto dei sensi e delle emozioni, vuole, ora, anche la consapevolezza di partecipare a ciò che è utile allo sviluppo dell'uomo".
Abbiamo così fatto nostra la bella espressione di Alfonso Pascale che nel suo intervento a OOF 2016 ha anche detto:
"il consumatore vuole conoscere le motivazioni di fondo che spingono a produrre questo particolare olio" ... "raccontare la propria storia è un elemento fondamentale per costruire la fiducia".
Nell’articolo “Il gusto rivolto al futuro” (pubblicato su OlioOfficina Almanacco 2016, pag. 29)
Alfonso Pascale, scrive:
“Un gusto razionale ... associa le sensazioni concesse dall’esperienza della relazione con un alimento o una bevanda alle motivazioni ideali che possono indurre a sostenere determinati progetti imprenditoriali socialmente responsabili”.
Pertanto, chi davvero vuol far risorgere l’olivicoltura montana, deve diventare consapevole che la prima urgenza non è “cercare di vendere”.
Lei ci è testimone, Direttore, che per anni e anni noi non abbiamo "cercato di vendere", perché le urgenze erano altre: per noi la vera urgenza era ricreare una coscienza di identità che i contadini avevano praticamente perduto!
Raccontare la nostra storia? L'analogia più corretta per comprendere la dinamicità del nostro operare è quella di un "organismo": l'interazione tra organismo ed ambiente fa sì che è proprio nel perseguire una finalità comune che si realizza il massimo beneficio!
La rinascita dell'olivicoltura d'alta quota ha valore morale e civile: si potrebbe essere ancora in tempo per salvare meravigliosi territori, evitare disastri ecologici (è il sistema dei terrazzamenti montani che protegge dalle frane) e probabilmente salvare anche vite umane.
Ecco la nostra storia: noi siamo arrivati in un luogo ove nessuno vedeva più un valore (la logica produttiva infatti diceva: poiché la coltivazione degli oliveti ad una certa quota non è suscettibile di meccanizzazione, essi sono oggettivamente destinati a morire, un sacrificio da accettare in nome dell’inevitabile progresso) e abbiamo condotto una campagna comunicativa impressionante se paragonata alla povertà dei mezzi. In poche parole - sulla via aperta, nel campo della comunicazione, proprio da Lei Luigi Caricato - abbiamo letteralmente creato un nuovo mercato.
Una delle prime riunioni di TreeDream
6. Il progetto di "alcuni sognatori"
Gentile Direttore, il 28 settembre 2012, Lei pubblicava la Lettera aperta del Presidente di TreeDream al Presidente della Regione Liguria (vedi articolo Ridare status sociale al lavoro del contadino, su OlivoMatto) e la presentava come l'esposizione di un progetto di alcuni sognatori "pronti a tradurre in realtà le loro più nobili aspirazioni".
Il progetto descritto nella lettera aperta era quello della rinascita dell'olivicoltura d'alta quota italiana, per salvare dalla totale estinzione una "cultura" (cultura di olivi e di uomini allo stesso tempo).
La lettera partiva dal dato obiettivo seguente: l’olio che si trae dagli oliveti sopravvissuti in quota, in zone di diffuso abbandono, ha peculiari caratteristiche che lo differenziano dall’olio che si trae dagli oliveti generalmente coltivati.
Lei Direttore è stato il pioniere indiscusso nella comunicazione della necessità di questa differenziazione. Infatti già in un libro del 2005, intitolato Extravergini d’alta quota, aveva scritto che è necessario “far comprendere i motivi per cui gli oli di montagna abbiano costi di produzione del tutto differenti, ma anche un profilo sia chimico-fisico, sia sensoriale diverso rispetto a oli di pianura“.
Scopo esplicito della lettera aperta non era quello di chiedere contributi pubblici ma trasmettere il senso dell'urgenza di un'attività comunicativa che rimedi agli errori del passato: infatti non avendo mai differenziato opportunamente l’olio d’alta quota se ne stava condannando all’estinzione l’olivicoltura.
Nella lettera aperta Flavio Lenardon scriveva:
Il contadino non si è mai arreso ad una concezione ideologica e disumana che impone una visione mercantile dei rapporti umani, come non si è mai arreso ad una concezione delle pubbliche istituzioni quali detentrici di un potere che troppo spesso esibiscono abusandone, proprio come gli antichi padroni romani esibivano la sferza ai loro schiavi.
Purtroppo, come Lei ben sa, in questi successivi anni, l'onore e l'onere di questa nuova attività comunicativa è, ricaduta unicamente sulle povere spalle di pochissimi: tra essi, ovviamente, Lei e certamente noi del movimento culturale TreeDream.
7. La pianta di olivo diventa protagonista del messaggio
Siamo giunti al punto: novità del nostro modo di operare economicamente è di avere dato finalmente la parola ai primi artefici del processo che partendo dagli elementi naturali arriva a quel distillato magico che è l'olio d'oliva.
Questi primi artefici sono i contadini olivicoltori, i veri alleati e collaboratori della natura.
Questa nostra scelta è la conseguenza necessaria di una consapevolezza: l'odierna lealtà comunicativa, riguardo la qualità di un olio, riduce il messaggio all'essenziale: l'olio d'oliva deve ottenersi semplicemente spremendo le olive e quindi la qualità dell'oliva ne determina la virtù.
Nel suo articolo “Un atto di libertà e implicita ribellione” (OlioOfficina Almanacco 2016, pag. 33) Lei scriveva:
“L’olio da olive non è più considerato un normale condimento, ma è esso stesso alimento e ingrediente di primo piano. Non più alimento generico, ma “cibo funzionale”, functional food, dall’alto valore salutistico e nutrizionale, tanto che per molti è ormai considerato a pieno titolo un nutraceutico, per metà nutrimento e per l’altra metà farmaco.”
Riportiamo, al proposito, un breve brano tratto dall’articolo “Costruire il claim salutistico di un olio” di Salvatore Camposeo e Maria Lisa Clodoveo, Università di Bari (OlioOfficina Almanacco 2016, pag. 75).
“L’effetto del campo [situazione degli oliveti] si manifesta anche attraverso la latitudine e l’altitudine: da Sud verso Nord e dalla pianura alla montagna aumenta il grado di insaturazione degli acidi grassi e soprattutto il contenuto di polifenoli a parità di cultivar. Stesso effetto ha un clima più freddo, a parità di stazione geografica.”
La pianta d'ulivo diventa, finalmente, la vera protagonista del messaggio: come Lei scrive, Direttore, l'olio è semplicemente un "puro succo di oliva” e, pertanto, si deve ottenere semplicemente spremendo le olive. Cultivar differenti danno necessariamente oli differenti.
Olive ottenute da piante in condizioni "estreme" di stress (in alcuni casi, al limite stesso della fruttificazione) danno oli con caratteristiche uniche, differenti dall'olio che si ottiene da piante della stessa cultivar cresciute a quota inferiore.
In questo modo il cittadino è lealmente informato della conseguenza della sua scelta, in quanto la sua scelta può esprimere interesse e sostegno per un'iniziativa di salvaguardia territoriale che riguarda condivisi valori morali e materiali.
Ne deriva che nel nuovo modello di comunicazione l'olio non è "prodotto", ma "sindotto".
E' stato necessario, per noi di TreeDream, creare un nuovo termine, "sinduzione": produrre vuol dire, letteralmente, "portare avanti"; sindurre vuol dire invece “portare insieme con altri”.
Gli olivicoltori condividono, insieme con altri operatori, il vanto di un'azione collettiva che salvaguarda il risultato di una fatica secolare (e a volte millenaria): il progetto audace di terrazzare intere montagne può infatti rinnovarsi, con civica consapevolezza, nella coscienza ecologica attuale.
Caro Direttore, proprio Lei, nell’ambito della sesta edizione dell’Olio Officina Festival, ha conferito il titolo di “EROE DELL’OLIVICOLTURA ESTREMA D’ALTA QUOTA” a sette olivicoltori facenti parte del nucleo storico di TreeDream con la seguente motivazione:
RICONOSCIMENTO DELL’UTILITA’ SOCIALE DI UN INSTANCABILE LAVORO SVOLTO A CUSTODIA E DIFESA DEL TERRITORIO MONTANO, OLTRE CHE IN RAGIONE DEL SOSTEGNO AL MOVIMENTO CULTURALE TreeDream, NELL’AMBITO DELLE INIZIATIVE CULTURALI FINALIZZATE ALLA RINASCITA DELL’OLIVICOLTURA D’ALTA QUOTA ITALIANA.
8. La restaurata "regalità dell'individuo"
Proviamo a rispondere alla seguente domanda: come è riuscito TreeDream a riunire i contadini? La risposta a questa domanda apparirà a molti lettori sorprendente; riteniamo tuttavia doveroso il nostro sforzo per chiarire questo punto vitale in quanto vediamo in esso la chiave di volta per un’azione risolutrice che potrebbe risollevare tutto il comparto dell’olivicoltura montana.
Gli stessi principi per i quali si è riunificata la volontà dei contadini con i risultati positivi che oggi cominciamo ad avvertire, potranno infatti servire per riunificare la volontà dei piccoli frantoiani.
Infatti, in un caso andava risvegliato il coraggio morale di mantenere vive piante di olivo in condizioni di coltivazione estreme, e, nel secondo caso, va risvegliato il coraggio morale per ristabilire la verità delle cose e non arrendersi alle politiche di omogeneizzazione territoriale, spesso causa del degrado dell'olivicoltura montana.
Flavio Lenardon ha consapevolmente esercitato una magistrale operazione maieutica col fine di ricostruire tra i contadini quella coscienza di identità che essi avevano quasi perduto.
Questa perdità di identità è documentata dalle loro stesse parole.
“Prima che Flavio Lenardon ci “ricordasse” che le olive d’alta quota sono differenti da quelle di pianura (tanto che i nostri vecchi, come i vecchi di varie regioni d’Italia, dicevano che più l’oliva cresce in alto più è piccola e buona) noi ci eravamo dimenticati il motivo stesso per cui faticavamo a coltivare gli olivi in condizioni così difficili, in quanto nessuno frantoiano era disposto a pagare una differenza di prezzo. Lo facevamo solo per dovere perché cosi facevano i nostri padri e lasciare quelle terre abbandonate ci sembrava un tradimento.”
Ovviamente questa consapevolezza della differenza caratterizzante l’olio ottenuto da olive di alta quota ha avuto importanza determinante per creare quel nuovo mercato che sta salvando il territorio più vulnerabile, in quanto più esposto al rischio dell’abbandono.
Tuttavia questa sola consapevolezza non era sufficiente per persuadere intimamente i nostri olivicoltori a perseverare nei sacrifici necessari al loro ministero.
Flavio Lenardon, nel suo sforzo rivoluzionario, non poteva cioè limitarsi a dire “mantenete la coltivazione di questi olivi al limite del bosco perché abbiamo l’obiettivo di creare un nuovo mercato che compensi il vostro sacrificio”.
Non comprende il lettore il rischio di sostituire alla motivazione nobile (anche se percepita quasi oscuramente) legata solamente al senso del dovere questa sola, diversa, motivazione?
Perché, in altre parole, Flavio non poteva limitarsi a questa esortazione che pure sembra così carica di buon senso economico?
Ritorna la stessa domanda che c’era stata posta anni fa in un incontro pubblico con un docente della Bocconi: che importa questo vostro idealismo con le nude realtà economiche e finanziarie che reggono il mercato?
Ricordo che allora avevamo risposto citando la nota affermazione di Benedetto Croce: l’economia non conosce oggetti fisici ma azioni.
Caro Direttore, come lei sa, io sono un ingegnere e quindi opero con oggetti fisici dei quali oggettivamente misuro volumi e calcolo pesi ma mai, ripeto, mai ho potuto constatare che un concetto come il “valore” possa essere parimenti correlato agli oggetti della mia riflessione professionale.
In altre parole il volume di una costruzione non dipende dal desiderio e dalla volontà di chi la considera mentre il prezzo della stessa costruzione ne è fondamentalmente condizionato.
Prova ne è, ad esempio, che la sistemazione o la demolizione di quella costruzione richiede necessariamente un certo tempo, mentre il suo valore può essere raddoppiato o annullato in un solo istante.
Il solo errore filosofico per cui non distinguiamo questi differenti livelli porta alla confusione dei concetti, all’inefficacia delle azioni e alle sofferenze umane che ne conseguono.
Ecco perché il nostro Presidente Flavio Lenardon ribaltando tutti i luoghi comuni consolidati riguardo l’agire economico si è posto come primo obiettivo quello di “curare l’anima”, nostra e quella degli olivicoltori, offesa perché contaminata da una cultura estranea ai nostri valori.
Da Platone abbiamo infatti appreso che lo Stato è un immagine ingrandita dell’anima dei cittadini, tanto è vero che uno dei suoi capolavori è allo stesso tempo uno studio dell’anima dell’uomo e delle forme dello Stato (ovvero della civile convivenza).
In uno dei nostri documentari Flavio dice “non abbiamo avuto cura di queste piante perché non abbiamo avuto cura di noi stessi”.
Pertanto Flavio ha come prima cosa “restaurato” la nostra comune dignità, ristabilendo il valore dell’oralità: in TreeDream l’accordo verbale vale più del contratto scritto.
Questa ritrovata “regalità dell’individuo” (uno degli otto principi di TreeDream) ha dato i suoi primi frutti positivi.
9. Una nuova occasione di testimoniare
Questa lettera aperta, caro Direttore, Le offre una nuova preziosa occasione di "testimoniare".
Mi permetto questa esortazione perché ho presente una Sua toccante confessione biografica, resa pubblicamente il giorno della riconsacrazione dei territori olivicoli montani (durante la celebrazione religiosa chiamata "Come un popolo nella cattedrale degli ulivi", alla presenza del Vicario Generale della Diocesi di Albenga-Imperia).
Imperia, 13 luglio 2013: la testimonianza di Luigi Caricato
Io sono figlio di olivicoltori. Così, a un certo punto della mia vita mi sono detto: perché mio padre si alza alle quattro e mezzo del mattino? Purtroppo non sempre c’è la giusta renumerazione per il proprio, duro, lavoro: si lavora tanto, e il prezzo dell’olio non giustifica l’impegno e il grande sacrificio.
Ero ragazzino, e questo mio pensiero lo vivevo come un senso di grande ingiustizia.
Ed è qui che è subentrato il grande scrittore Giuseppe Pontiggia, quando mi ha detto: “Bene, allora tu hai questo compito: testimoniare".
10. Sintesi programmatica per la rinascita dell’olivicoltura d’alta quota
L’esperienza di TreeDream dimostra che la rinascita dell’olivicoltura montana è possibile e realistica, a patto di modificare l’attuale predominante “forma mentis” dell’operatore economico, dell’amministratore e del politico.
Il caso dell’olivicoltura d’alta quota non deve essere assimilato alle agricolture assolutamente non remunerative e quindi sostenute dallo Stato per l’utilità sociale che ne deriva: ad esempio certi pascoli che assicurano il mantenimento di alcune zone montane.
Il caso dell’olivicoltura d’alta quota è singolare per questo motivo paradossale: è oggettivo e scientifico che l’olio tratto da oliveti in via di abbandono, proprio perchè in alta quota e quindi di difficile coltivazione, ha un peculiare profilo chimico e sensoriale che lo rendono degno di essere classificato come una categoria a sé stante.
E’ infatti ormai pacificamente acquisito che la presenza di componenti aromatiche e salutistiche - quella che realmente distingue la qualità di un olio di oliva, perché ciò che rimane è la sola parte grassa sia pure pregevolissima, ma non specifica - è incrementata dalle situazioni di stress idrico o climatico, che caratterizzano le zone di maggior altitudine.
Ecco la novità della nostra comunicazione: noi diciamo che è sufficiente che sia colta la differenza qualitativa che distingue l’olivicoltura d’alta quota e, a costo zero per la pubblica comunità, è ristabilito e mantenuto in salute l’intero sistema idrogeologico.
Pertanto i politici, per quanto riguarda l’olivicoltura d’alta quota, una volta compresa la semplicità attuativa del progetto, dovrebbero semplicemente rifarsi ad uno dei massimi valori della nostra Carta fondamentale, cioè favorire l’autonoma iniziativa. L’art. 118 c. 4 Cost., recita, infatti: Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale.
Operazioni di specifica salvaguardia fondate su certificazioni ufficiali potrebbero non risultare effettivamente vantaggiose, in quanto una certa classe di consumatori non le associa necessariamente ai prodotti degni di figurare nella fascia più alta del mercato.
Gli altri tentativi di salvaguardia territoriale che non consentono di differenziare e valorizzare il peculiare profilo chimico e sensoriale dell’olio d’alta quota, omogeneizzando burocraticamente oliveti di più facile e di di più difficile coltivazione, potrebbero addirittura condannare a morte l’olivicoltura montana.
Questi tentativi violano, innanzitutto, le politiche europee che, al contrario, chiedono siano valorizzate proprio le “differenze produttive”, oltre ad essere in palese contrasto con il contenuto dei Piani di Sviluppo Rurale che rimarcano la necessità del sostegno ad iniziative tese a valorizzare le “specifiche differenze” di produzione locale.
Anche la forma mentis dell’operatore economico deve mutare: prima di pensare a “vendere”- agendo con nuova e consapevole “responsabilità politica” - dovrà pazientemente ricreare le premesse culturali, ricostruendo comunità umane che hanno perduto il senso della propria identità e che potrebbero rinascere traendo risorse da un nuovo mercato fondato su una differenza specifica che non è mai stata praticamente comunicata.
Noi di TreeDream mettiamo volentieri a disposizione la nostra esperienza, alleandoci con chi voglia procedere lungo la via già avviata per la rinascita dell’olivicoltura d’alta quota italiana.
Giuseppe Stagnitto
Portavoce di TreeDream
Movimento culturale per la rinascita dell'olivicoltura d'alta quota italiana
APPENDICE. Una bibliografia scientifica essenziale per l’olio d’alta quota
Riportiamo alcuni brevi brani scientifici documentanti il cosiddetto “effetto altitudine”.
"Summarizing, the elevation of the cultivation site has a marked influence on the antioxidant content, with higher elevation orchards producing olives with larger contents of antioxidant compounds with respect to lower elevation ones."
Ouni Y., Taamalli A., Guerfel M., Abdelly C., Zarrouk M., Flamini G., The phenolic compounds and compositional quality of Chétoui virgin olive oil: effect of altitude, African Journal of Biotechnology Vol. 11 (55): 1842-11850, July 2012
"La maggior parte delle fonti concorda sul fatto che all'aumentare del livello di stress [stress idrico, che insieme a quello climatico caratterizza le situazioni a maggior quota] aumentano il contenuto in polifenoli dell'olio e la stabilità ossidativa".
Inglese P., Famiani F., Servili M., I fattori di variabilità genetici, ambientali e colturali della composizione dell'olio di oliva, Italus Hortus, 16 (4), 2009:67-81
"Altitude has an effect on the quality characteristic of oils, in particular their fatty acid content. Oils obtained from plants grown at higher altitudes have greater stability to oxidation."
Di Vaio C., Nocerino S., Paduano A., Sacchi R., Influence of some environmental factors on drupe maturation and olive oil composition, J. Sci. Food Agric., 20 July 2012
"Olive oils obtained from monovarietal olive groves at high altitude are, in general, sweeter and have an herbaceous fragrance compared to the corresponding oils from lower elevations."
Aparicio R., Harwood J., Handbook of Olive Oil - Analysis and Properties, Second Edition, 2013
"There were significant differences between the oils from both cultivars when grown in the different environments. At higher altitude, the oils showed a greater amt. of oleic acid, phenols and a higher stability, while in the open the oils had higher satd. and linoleic acid content. Aroma profiles were also influenced by the pedoclimatic conditions"
Issaoui M., Flamini G., Brahmi F., Dabbou S., Ben Hassine K., Taamali A., Chehab H., Ellouz M., Zarrouk M., Hammami M. Effect of the growing area conditions on differentiation between Chemlali and Chetoui olive oils Food Chemistry (2009), 119(1), 220-225.
"At higher altitude, the oils showed a greater content of oleic acid and higher stability, while in the open the oils had higher tocopherol and linoleic acid contents. For the phenolic compds., the environment influenced each cultivar in different ways. Sensorial characteristics, showed significant differences between the oils from each cultivar and location."
Aguilera M. P., Beltran G., Ortega D., Fernandez A., Jimenez A. Uceda M. ,Characterisation of virgin olive oil of Italian olive cultivars: Frantoio' and Leccino', grown in Andalusia Food Chemistry (2004), 89(3), 387-391.
NOTA: i diagrammi riguardano l’effetto altitudine sulla base di studi eseguiti in Tunisia.